Appello pro Teatro delle Donne

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Appello pro Teatro delle Donne

Il teatro, per millenni, ha escluso le donne dalle scene. La sacralità della parola teatrale era considerata assolutamente inadatta per una voce femminile. Ora le cose sono cambiate ma un fondo di discriminazione rispetto alla creatività femminile è rimasta. Non divieto ma sfiducia, non rifiuto ma mancanza di attenzione. 

      La drammaturgia d’altronde, con l’avvento del cinema e della televisione, con la prevalenza dell’immagine sulla parola, ha finito per essere penalizzata. La creazione è stata, soprattutto in Italia, più nelle mani dei registi che dei drammaturghi. Questo è successo sia per gli autori che per le autrici, ma le autrici lo hanno pagato più caro, subendo una doppia discriminazione, come drammaturghe e come donne.    

       Da questa constatazione nascono in tutta Europa e nei paesi più avanzati, i teatri che incoraggiano, raccolgono, mettono in scena testi scritti da donne.  

   Il teatro delle donne di Firenze è stato all’avanguardia nel superare, con la collaborazione di 

grandi attrici, registe, drammaturghe e organizzatrici, queste difficoltà, creando un centro di produzione drammaturgica femminile italiana. Ha inoltre creato un archivio efficiente e molto ricco, gestendo alcuni dei teatri storici restaurati in Toscana.  Stiamo parlando del Teatro Comunale Manzoni di Calenzano.

   Solo in Germania e in Inghilterra si è fatto e si continua a fare altrettanto. Ma in questi paesi le iniziative delle donne non vengono continuamente rimesse in discussione. In Inghilterra hanno avuto il coraggio di affidare la direzione di importanti teatri di stato a drammaturghe anche molto giovani, mentre da noi si fa fatica a mantenere una sede ad un archivio e ad un centro di drammaturgia contemporanea delle donne unici in Italia.

   Il Teatro comunale Manzoni di Calenzano, in area fiorentina, era rimasto chiuso per quasi sessant’anni e appena finito di ristrutturare quando nel 2002 il Teatro delle Donne ha vinto la gara per la sua gestione e hanno preso sede a Calenzano: l’archivio del teatro delle donne, il centro di drammaturgia, la scuola di scrittura teatrale, le attività di produzione e di formazione, il festival e una viva stagione teatrale, ne hanno fatto uno dei punti di riferimento nazionali più qualificati per la drammaturgia contemporanea, anche per l’ampio  riscontro sul territorio.

   La nuova giunta del Comune di Calenzano ha deciso,  in un anno in cui le strutture teatrali sono già pesantemente colpite dalle misure antipandemia, di rimettere a bando la gestione del teatro comunale in cui il Teatro delle Donne risiede da anni.  E ripubblica il bando, contro ogni logica, alla fine dell’anno 2020, impedendo così la realizzazione di una stagione e di ogni altra attività teatrale 2020-2021, mettendo  a rischio l’occupazione di tutto il personale, di tutti gli artisti e i docenti che collaborano da anni con l’associazione.  

     La decisione è a maggior ragione sconcertante se si considera che la Regione Toscana ha già stanziato un importante contributo per il 2021, che non potrà essere assegnato a nessun altro né speso altrove se non a Calenzano, e anche il Ministero sta per riconfermare il suo per il 2021. 

   Togliere la residenza al Teatro delle Donne a dicembre significa metterne a rischio la stessa sopravvivenza.  

   CI APPELLIAMO QUINDI AL SINDACO E ALLA GIUNTA DEL COMUNE DI CALENZANO affinché rivaluti una decisione che potrebbe costare l’esistenza  all’unico Centro di Drammaturgia delle Donne in Italia, E AGLI ALTRI COMUNI DELLA TOSCANA affinché qualcuno si faccia avanti per offrire una nuova sede.

   Sostenere il teatro delle donne non significa agire in senso settoriale, ma portare la creatività femminile nell’alveo maggiore del rinnovamento linguistico che chiunque si occupi di teatro non può non volere.

   “L’albero è sempre quello, ma ogni anno deve mettere foglie nuove”, diceva Eduardo De Filippo della drammaturgia italiana e il teatro delle donne va in quella direzione. Per questo è necessario sostenerlo e incoraggiarlo.  Il teatro europeo ha già dato l’esempio. Vogliamo sempre essere gli ultimi della fila?

Roma 29 settembre 2020   

 Dacia Maraini

  Maria Cristina Ghelli